Cellule staminali dai denti da latte. Per la fatina o il topino dei denti è giunta l’ora della pensione?

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Ormai da qualche anno la ricerca sulle cellule staminali sta aprendo orizzonti sempre più interessanti e carichi di speranze per migliori condizioni di benessere per le persone. Uno degli aspetti di questa ricerca riguarda anche i denti da latte.

E’ possibile, infatti, ricavare dai denti da latte cellule staminali “mesenchimali” a scopo ricostruttivo e di trapianto. Come sottolineato anche dalla rivista Wired, queste cellule mostrano anche caratteristiche molto interessanti, poiché possono vivere a lungo, crescere rapidamente in coltura e, se adeguatamente stimolate, possono potenzialmente indurre la formazione di dentina, tessuto osseo e cellule neuronali e quindi, potrebbero diventare una risorsa importante e facilmente accessibile per riparare denti, ossa, lesioni e malattie del sistema nervoso.

Affinchè i denti da latte possano essere potenzialmente utilizzati a questo scopo, da adulti, è necessaria, tuttavia, una specifica conservazione. A tal fine si sono diffuse, sia all’estero che in Italia, banche che, dietro pagamento, si occupano della loro conservazione. Stiamo parlando dell’uso autologo, quello cioè in cui donatore e utilizzatore sono la stessa persona. Sui social si diffonde un messaggio rivolto ai genitori che li invita a conservare i denti da latte dei propri figli “perché un giorno potrebbero salvare loro la vita”!

Ora, come spesso accade, il confine tra scienza e business rischia di offuscarsi quando le questioni sono presentate con carenza di informazioni e in modo parziale.

Dobbiamo sapere che le cellule staminali mesenchimali esistono anche nell’organismo adulto e sono facilmente prelevabili, in quantità maggiori di quante se ne possano estrarre dai denti da latte o dal cordone ombelicale. E dobbiamo anche essere consapevoli che la scienza si basa su protocolli ben precisi: ad esempio nel mondo ogni anno si fanno migliaia trapianti con staminali emopoietiche provenienti da midollo osseo, sangue periferico e cordone ombelicale, come possiamo leggere dal sito del Ministero della Salute.

Si tratta soprattutto trapianti allogenici, che provengono, cioè da donatori diversi dal ricevente e, cosa fondamentale, per questi trapianti si usano materiali conservati da banche pubbliche e certificate che garantiscono specifici e adeguati protocolli di conservazione. E’ molto improbabile che un medico acconsenta di utilizzare materiale di cui non si ha la certezza dei controlli e del rigore di conservazione.

La donazione, quindi, verso istituzioni pubbliche rimane, almeno fino ad ora, senza dubbio la strada in grado di tenere insieme cura e speranza, atto del dono e progressi della scienza e della ricerca.

E, sebbene ci sia un fondamento scientifico, forse, questo proliferare di banche del dente da latte risponde un po’ ad altre logiche.

Certo la ricerca sta facendo passi da gigante e forse anche i dentini da latte dei nostri figli verranno presto inseriti nei protocolli ufficiali certificati e potremo avere risultati straordinari.

Ma, almeno per ora, per la fatina o il topino del dentino da latte non è ancora giunto il momento della pensione!

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